Demoliamolo!

Ormai è deciso! Il vecchio ospedale sarà demolito e forse non c’erano alternative, nonostante qualche dubbio mi sia rimasto. Il nuovo parco centrale con edifici annessi sarà senza dubbio di grande qualità urbana, grazie anche alla procedura del concorso internazionale.

Non mi sembra però accettabile il frettoloso giudizio sugli edifici da demolire considerati da tutti un’architettura anonima e senza qualità. Questa severità risulta forse dovuto al pessimo stato di manutenzione in cui versava l’edificio prima della chiusura e ad alcune modifiche, come la chiusura dell’accesso dal centro storico, che hanno snaturato alcuni aspetti progettuali originari. 

Nonostante una recente tesi di laurea che ha avuto risonanza in città, grazie all’assessore Barberis, lo abbia definito “di autore ignoto”, l’ospedale è opera di uno dei architetti più importanti della “scuola fiorentina”, Giuseppe Giorgio Gori, che ha progettato il complesso ospedaliero nel 1960, insieme al collega Rolando Pagnini anch’egli progettista di grande qualità.[1].

1960

Vista d’insieme del progetto, 1960

Gori non è un anonimo progettista degli anni ’60: è stato preside della facoltà di Architettura ed ha progettato opere importanti per l’identità culturale dell’architettura toscana del secondo dopoguerra, rappresentando una contrapposizione razionalista all’organicismo di Michelucci, di cui pure era stato allievo e collaboratore[2]. Fu dunque un protagonista in un periodo intenso e creativo; l’ultimo prima di un lungo periodo di crisi che ancora confonde il discorso architettonico e banalizza il panorama urbano. 

Tra il 1948 e 1951 realizzò il Mercato dei fiori a Pescia, con Ricci e Savioli;  tra il 1955 e il 1957 il ponte Vespucci con Morandi; nel 1959 la sede ACI a Firenze; nel 1960 la bellissima sede del Genio Civile a Pistoia.[3]
Tutti edifici inclusi negli elenchi della Regione Toscana delle Architetture del ‘900 da tutelare.
A Prato, oltre all’ospedale, Gori progettò altre opere tutte molto interessanti e meritevoli di attenzione in altra occasione.

ospedale gori

L’ospedale appena costruito in una foto del progettista G.G. Gori – mostra il fulcro centrale distributivo con il corpo scale – foto anni ’70

Il complesso ospedaliero di Prato, costruito faticosamente nel corso degli anni ’60, non è quindi un progetto casuale e improvvisato come tanti altri sparsi in città, soprattutto nei decenni successivi. Fu invece un episodio importante di quel periodo fecondo e felice in cui l’architettura toscana ancora rivendicava un ruolo attivo nella ricerca architettonica non solo italiana.   

Quali sono i caratteri distintivi di questa architettura all’interno del dibattito culturale della cosiddetta “scuola toscana” in cui convivevano le sperimentazioni più ardite, le influenze di Wright, l’uso di materiali tradizionali su forme moderniste, l’attenzione al rapporto con la città storica?
Quale il suo ruolo nel panorama architettonico della città di Prato degli anni ’60 e ’70, ricco di opere di valore da riscoprire?

Il progetto di Gori e Pagnini attinge a modelli del movimento moderno europeo e in particolare di Le Corbusier, citato nell’impianto planimetrico radiale, e di A. Aalto, citato in tanti particolari. Tuttavia il complesso edilizio non sembra riconducibile solo a una imitazione di modelli. I riferimenti modernisti sono forse dovuti alla volontà di affrontare il problema del nuovo ospedale soprattutto con la categoria del funzionalismo. In tal modo il progetto, che è il risultato di una lunga ricerca (prima stesura 1955), rappresenta un esempio autenticamente razionalista che articola i corpi di fabbrica all’interno dello spazio assegnato, facendo perno su un fulcro centrale che organizza i percorsi degli utenti e crea un rapporto dinamico tra  movimento e volume, in particolare nel sistema dei percorsi, angolati rispetto alle facciate.

Tuttavia caratteri specifici del progetto possono essere rintracciati anche nella caratterizzazione esterna dei volumi che varia a seconda della funzione degli spazi interni (spazi distributivi, volumi tecnici, stanze di degenza, laboratori, uffici ecc) e soprattutto a seconda della posizione dei prospetti nello spazio urbano.

Copia di ospedale 4

Facciata Sud-Est

Per esempio i corpi di fabbrica a Sud-Est, disassati rispetto alla maglia urbana e leggermente angolati tra di loro componevano una facciata verso la città e allo stesso tempo esponevano le stanze di degenza verso il sole del mattino e verso il giardino, secondo un modello desunto dal sanatorio di Paimio. Infatti originariamente il percorso di accesso (pedonale) principale proveniva dal centro storico, passava dai giardini di Sant’Orsola e penetrava  al centro dell’imponente facciata. Fu chiuso alcuni anni dopo il completamento e una parte del giardino fu trasformato in parcheggio.

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Facciata sud-ovest , 1973

Gli altri corpi radiali seguono invece in modo ordinato le direzioni urbane prevalenti.
La lineare facciata a Sud Ovest, articolata secondo le complesse destinazioni presenti nel lungo corpo di fabbrica, accoglieva l’accesso carrabile delle ambulanze e un ulteriore percorso pedonale angolato e in leggera discesa che si incuneava verso il fulcro centrale distributivo,  con scale e ascensori.

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Padiglione Nord (dei “paganti)

Il corpo di fabbrica più a nord, che accoglieva il padiglione dei “paganti” fu posizionato secondo un’ordinata direzione perpendicolare all’impianto del complesso del Cicognini e presentava una facciata diversa dalle altre parti dell’ospedale, scandito da una maglia regolare e modulare, per rispondere meglio alla serialità delle vicine facciate laterali e posteriori del grandioso edificio settecentesco di cui riprendeva anche l’altezza di gronda.

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Si tratta dunque di un progetto, caso piuttosto unico a Prato, che interpretava con chiarezza alcuni dei principi del movimento moderno e che mostrava molti aspetti del dibattito culturale dell’architettura del dopoguerra. Demoliamolo dunque, ma non a cuor leggero e che questo ci serva a superare il diffuso pregiudizio che ci fa trascurare e sottovalutare la cultura architettonica degli anni ’60. 

NOTE:
[1] Koenig G.K., Architettura in Toscana 1931-1968, Torino, Eri, 1968

[2] Fabbrizi Fabio, Giuseppe Giorgio Gori. Opera completa, 2016

[3] Quì di seguito alcune altre opere di G.G. Gori :

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sede del Genio Civile di Pistoia e Mercato dei fiori a Pescia