Il Mondo va da sé

Un’opera di Soffici, un poeta poggese e la recensione di un libro

Nella primavera del 1934 una strana compagnia si aggirava per Fognano di Montale: un insigne artista e intellettuale, Ardengo Soffici, due giovani artisti della sua cerchia, Quinto Martini e Leonetto Tintori, e un muratore sessantenne, Torquato Cecchi. Erano nel piccolo borgo per realizzare un affresco all’interno di un tabernacolo dedicato a un miracolo di San Francesco.

il tabernacolo di Fognano


Soffici in quegli anni si era infervorato per la tecnica dell’affresco, così ricca di fascino tradizionalista. Aveva realizzato dei piccoli esperimenti con l’intonaco steso su tavole di compensato e ora approfittava di una commissione ricevuta dal podestà per tentare un’opera in sito, dopo un’accurata preparazione mediante vari bozzetti.
Quinto Martini era quasi un allievo per Soffici e lo avrà aiutato per la preparazione dei colori. Il muratore Cecchi applicava arriccio e tonachino su cui dipingere ancora fresco.
Leonetto Tintori era già all’epoca appassionato di affresco e diventerà in seguito un insigne restauratore di dipinti murali e dunque aiutava Ardengo a seguire le corrette procedure tecniche. Anni dopo dichiarerà che aver collaborato a quella piccola opera fu per lui un’esperienza fondamentale.
Soffici ci mise dodici “giornate” per completare il piccolo affresco, suddiviso dunque in dodici piccole aree da completare durante l’arco di un giorno, dalla stesura mattutina dell’intonaco fino alla campitura dei colori e delle ombre entro sera. Dopo il “Miracolo di San Francesco” il Maestro riterrà conclusa la sua esperienza con l’affresco.

Quinto Martini e Leonetti Tintori sono ben noti in ambito artistico, non solo pratese, ma chi era l’anziano muratore aggregato a quel gruppetto di artisti?

Lo racconta un libro di Silvano Gelli: Il Mondo va da sè, Vita, poesie e altri scritti di Torquato Cecchi, appena uscito, che ci racconta e ci documenta la vita di questo muratore anarchico, immigrato arrabbiato, attivista socialista, poeta estemporaneo, fascista proletario, filosofo rassegnato.

Partito come poeta improvvisatore in ottava rima, Cecchi riuscì a pubblicare una raccolta di versi, grazie all’amicizia di Soffici di cui era compagno nel gioco delle carte. Si avventurò poi in componimenti e riflessioni filosofiche impregnate di quel confuso idealismo che il suo mentore riusciva ad ammantare di cultura nei suoi sopravvalutati pamphlet. Invece nella penna di Torquato, multiforme ingegno ma uomo sine littera, certe idee appaiono ingenue velleità.
L’impressione è che l’amicizia con il sor Ardengo non abbia fatto bene al Cecchi , “popolano poeta”, che da giovane “contrastava” improvvisando versi che non potevano purtroppo arrivare fino a noi. Lasciando quell’arte antica per tentare l’avventura nella Letteratura, la voce di Torquato Cecchi probabilmente ha perso vigore e si è offuscata. Comunque nel libro, che potete trovare in biblioteca, vi sono ampi stralci dei suoi scritti e ciascuno può farsi la sua opinione.

Eppure, nei frammenti, a volte la forza della parola riemerge:

Un apolitico analfabeta
può essere uomo di qualità,
mentre un politico, seppur poeta,
non è che uom di quantità

Così Gelli continua la sua esplorazione del tempo tra Ottocento e Novecento, quando, fatta la Nazione, furono fatti gli Italiani. I suoi libri, oltre ad approfonditi studi su Filippo Mazzei, si occupano di paesi e persone; una storia piccola ma che non si ferma su sterili dati statistici e confronti economicisti. Libri come questo, che raccontano gli avvenimenti, i luoghi, la politica, i cambiamenti sociali, i personaggi, le amministrazioni delle piccole comunità di questa parte del Montalbano. Racconti che non hanno mai rinunciato a mostrare come questo piccolo universo abbia costituito l’immagine di quello che succedeva in tutta l’Italia.
E del resto la vicenda umana di Torquato Cecchi, che è transitata dall’anarchismo al socialismo interventista e poi al fascismo, a quante esperienze individuali e familiari di quei tempi corrisponde?