Una grande piazza


“…Tra le escursioni che penso si debbano fare se si sta a Firenze per abbastanza tempo c’è una visita a Prato. Questa antica città si dovrebbe vedere per diverse cose: per la sua antichità e per le sue mura…. e per la sua grande piazza (con in mezzo un fila di stoffe tinte a colori vivaci) circondata da archi sotto i quali i calderai martellano tutto il giorno su lucenti vasi rotondi, mentre le loro mogli intrecciano paglia…”

E. V. Lucas, scrittore inglese (1868 – 1938)

Dunque più di cento anni fa, nel 1912, una delle caratteristiche più evidenti dell’antica città di Prato era la sua piazza Mercatale, uno dei più grandi spazi urbani creati nel medioevo europeo.
Al tempo della visita di Lucas aveva ancora la sua importante funzione di contenitore di attività produttive e di tutte le manifestazioni ludiche e commerciali della città. Conservava anche la possibilità per il visitatore di percepire la sua grandezza.

La trasformazione iniziò pochi anni dopo la visita dello scrittore inglese.
Durante il Ventennio, l’amministrazione cittadina, nelle mani del podestà Sanesi decise di costruire la propria sede istituzionale, la cosiddetta Casa del Littorio, espropriando e demolendo i vecchi tiratoi costruiti nel XIX secolo. Nel frattempo, nel 1929, era stato realizzato un giardino nell’area antistante, al posto del prato ovale destinato al passeggio e progettato a inizio Ottocento da Giuseppe Valentini. Nel 1930 fu indetto il concorso e nel 1932 fu inaugurato il nuovo sgraziato edificio del fascio.

Il giardino piantumato nel 1929 era vagamente “all’italiana”, con file di alberelli e aiuole e anche vagamente “allìinglese” con la sua incerta asimmetria; questo anche se non è semplice attribuire una qualche caratterizzazione stilistica a un tal progetto che in effetti ben si adattò allo smunto e grigio “classicismo” della casa del fascio, che attualmente è, inspiegabilmente, l’unico edificio della piazza vincolato dalla Soprintendenza, a parte la chiesa che lo è di diritto.
In seguito gli alberelli piantati nel 1929 sono cresciuti e invecchiati, i vialetti ridotti a un semplice incrocio, la percezione della grande piazza persa, il resto dello spazio occupato solo da automobili.

Qualche anno fa la piazza fu centro di estenuanti riflessioni sulla riqualificazione urbana che portarono a niente e così ha finito per rappresentare più un problema che un elemento rappresentativo per la città e in un’area così ampia non si trova neppure lo spazio per organizzare eventi che vengono impropriamente fatti in piazza Duomo.

Così l’attuale giunta ha rinunciato, per due mandati, a qualsiasi idea di rinnovamento, limitandosi a una dispendiosa manutenzione dell’esistente.
Eppure, anche senza realizzare costosissimi parcheggi interrati, molto si potrebbe fare: ridurre la superficie dell’area a parcheggio; ridimensionare fortemente l’area verde eliminando quanto meno le alberature sul perimetro e ricreando le ampie prospettive di una volta; realizzare una piazza dentro piazza: uno spazio centrale pavimentato e sempre libero; studiare nuove connessioni con il resto del tessuto urbano; recuperare sui margini spazi verdi, piccoli ma di qualità, per il quartiere.
Possibile che una città che vorrebbe sperimentare il Futuro si lasci fermare da un orrendo giardinetto del ventennio?
Possibile che non si sappia valutare la storicità e il valore urbano di un intervento fatto in un periodo storico che così pesantemente e negativamente ha inciso sulle città italiane?
Possibile che ci si lasci fermare da un malinteso senso di ecologia davanti ad alberi vecchi che non possono servire ancora a lungo mentre si lascino in abbandono aree verdi di ben maggior valore storico, ambientale e ecologico?