La casa di Ardengo Soffici

soffici

Ardengo Soffici intellettuale e importante pittore della prima metà del XX secolo, visse la maggior parte della sua vita a Poggio a Caiano, in una casa che allora era in campagna e che oggi risulta inglobata nel centro abitato. Cominciò ad utilizzarla con continuità al suo ritorno da Parigi nel 1907, insieme alla zia e alla madre. In seguito ci abitò con la moglie fino alla morte.
Nonostante l’isolamento riuscì a rimanere al centro del dibattito artistico e culturale, restando comunque sempre “l’uomo del Poggio”.
Prima della guerra, nelle sua casa, in località Fornaci, riceveva di continuo la visita di poeti e pittori, come Papini, Prezzolini, Rosai, che giungevano da Firenze sul vecchio tramway.
Anche negli ultimi venti anni, nel dopoguerra, Soffici non si allontanò mai da Poggio e da questa casa posta in via Carmignanese, oggi via Soffici.
Quasi tutti i quadri che dipingeva rappresentavano vedute dalle sue finestre e dal terrazzino sul tetto di casa, verso le Fornaci, il Concone o la Casa del Berna, cioè verso un paesaggio agrario ormai perduto di cui la sua opera pittorica appare un’elegia.  

Ardengo Soffici
Ardengo Soffici, ormai anziano, nella sua casa di Poggio a Caiano in una rara foto a colori

Dopo la sua morte, tra la grande mole di documenti che conservava, fu ritrovato il manoscritto delle poesie di Dino Campana, smarrito mezzo secolo prima. Il poeta di Marradi aveva affidato l’unica copia manoscritta a Soffici, affermato intellettuale, affinché lo valutasse e magari lo aiutasse a pubblicarlo. Soffici lo smarrì: disse di averlo affidato a Papini. Il povero Campana, dalla psiche molto fragile, dopo alcune accorate richieste, scese a Firenze e giunse a minacciare Soffici di morte. Comunque riscrisse a memoria tutta la raccolta pubblicandola nel 1915 con il titolo Canti Orfici, una delle maggiori opere poetiche del XX secolo.
La pubblicazione del manoscritto originale nel 1973 con il titolo Il più lungo giorno, mostrò come la riscrittura avesse migliorato il testo, come se lo sforzo vitale della la memoria avesse portato il poeta verso la sua dimensione matura, prima che la follia lo prendesse per sempre.

Oggi la casa è intatta e ben conservata. Anche gli interni sono rimasti quelli di una comoda casa di campagna, almeno per quanto ho potuto vedere durante una visita di alcuni anni fa, quando ho visitato anche lo studio dell’artista con ancora il disordine e l’arredo originale, il cavalletto, i pennelli e i colori in tubetto, come se Soffici lo avesse appena lasciato. Negli anni scorsi fu avviato un lavoro di recupero che avrebbe dovuto portare all’apertura al pubblico, a cura della proprietà e dell’associazione culturale “Soffici”. Sarebbe auspicabile che l’amministrazione comunale partecipasse a questo recupero affinché questa casa d’artista venga tutelata, conservata, valorizzata, in parallelo al “Museo Soffici e del ‘900 italiano” aperto alle Scuderie Medicee.