Aeroporto e democrazia (1)

Il confronto sul nuovo aeroporto di Firenze non può essere ridotto ad un semplice conflitto localistico d’interessi, esso infatti coinvolge importanti aspetti che sono alla base della democrazia.

Non lo scopro io, ma la democrazia è un concetto che non si esaurisce nelle elezioni e nella rappresentanza politica. II voto a suffragio universale è uno dei pilastri della democrazia, ma non l’unico pilastro. Nel pensiero politico di Hannah Arendt e Robert Dahl e di molti altri, la democrazia è sistema complesso, in cui accanto alla democrazia della maggioranza esistono, in positivo e negativo, altri elementi condizionanti (opinione pubblica, libera stampa, interessi economici).
Tra gli obiettivi di ogni sistema democratico evoluto dovrebbero quindi trovare posto elementi di democrazia diretta accanto a quelli di democrazia rappresentativa e si dovrebbe cercare il consenso su situazioni controverse attraverso il confronto aperto, dando a ogni individuo personalmente interessato da una decisione, l’opportunità di intervenire nella formazione di quella decisione.
In particolare dovrebbe essere assicurato l’esame delle ragioni dell’opposizione che invalida o meno quanto sostiene la presunta maggioranza: un confronto onesto e leale, non subordinato a interessi “terzi”.

fumo_decollo

Ora, in relazione al nuovo aeroporto, il  presidente della Regione non tiene in nessun conto la risoluzione 260 del 16/07/2014 del Consiglio Regionale che dichiarava necessario il “dibattito pubblico” sul nuovo aeroporto ai sensi della LR 46/2013, tenuto conto anche che che le opere interessano un terzo degli abitanti della Toscana.
In tutta la vicenda nessuno dei soggetti pubblici interessati ha avuto, in nessun momento, alcun interesse ad un confronto appropriato relativo a costi e benefici dell’opera e neppure a prendere in considerazione le riflessioni portate dai comitati e a dare una qualche risposta alle domande e ai dubbi che essi, con largo anticipo sulle strutture tecniche degli enti locali, hanno posto.
Questo dimostra quanto possano servire leggi fittizie sulla partecipazione e che in una democrazia formale come quella in cui ci ritroviamo, se ci lasciano parlare, questo non vuole dire che ci ascoltino.

-segue-