Un monumento da salvare
Sul colle di Bonistallo, passando sulla strada verso Pistoia, poco oltre l’abitato di Poggio a Caiano, si trova un ombroso boschetto circondato con un antico muro, antico monumento in grave pericolo e degrado, nel silenzio generale.
Fu realizzato al tempo del duca Cosimo I, a metà del XVI secolo durante gli interventi che interessarono tutti i possedimenti medicei.. I lavori furono diretti da Niccolò Tribolo che realizzò anche il giardino della villa e le scuderie. Il piccolo barco o bargo, posto a poca distanza a nord ovest dalla villa, aveva un perimetro di mura di circa un miglio, come riporta l’inventario dei beni di Cosimo I del 1568.
Era probabilmente destinato alla caccia e al suo interno si trovavano una conigliera, una “casa del falconiere”, un luogo attrezzato per l’uccellagione, cioè la cattura di volatili con reti, chiamato “uccellare” e posto sulla sommità del colle e anche una cava di pietra. Tuttavia il principale utilizzo del boschetto doveva probabilmente essere legato alla custodia di animali di grossa taglia, tipo cervi o cinghiali e forse animali esotici come nel similare boschetto quadrangolare delle Pavoniere, realizzato nello stesso periodo all’interno della tenuta delle Cascine sull’altra sponda dell’Ombrone, dove venivano tenuti dei rari daini neri fatti venire dall’India ai tempi di Lorenzo il Magnifico. L’allevamento di selvaggina di grossa taglia all’interno del Bargo è documentato da alcune lettere del fattore del Poggio al maggiordomo del duca Cosimo che informano sullo stato di salute degli “animali del barcho” e sul loro foraggiamento soprattutto in periodo di cattivo tempo. Forse al Bargo finirono le due gazzelle ed il muflone ricevuti in dono nel 1580 da Francesco I. Risulta documentata la presenza di camosci, anche se il loro allevamento fu sicuramente difficoltoso, anche a causa del “gozzo” che li afflisse.
Il bosco recintato era un elemento paesaggistico frequente nel Lazio, ma anche in Toscana, primo fra tutti, per dimensioni, il Barco Reale istituito nel 1626 sul crinale del Montalbano con dimensioni ben maggiori del piccolo barchetto di Poggio a Caiano, con un circuito di mura di circa 50 chilometri, ed aveva lo scopo principale di confinare nel bosco la selvaggina di maggior dimensioni, in modo da impedire il danneggiamento delle colture; a tale scopo erano chiusi con cancelli metallici anche i corsi d’acqua. Altri barchi toscani erano quello di Pratolino, costituito dal giardino stesso diviso in due porzioni a nord e sud della scomparsa villa buontalentiana, quello della Cascina dell’Isola, sostanzialmente corrispondente all’attuale parco delle Cascine a Firenze e quello, molto piccolo, della Pineta presso Poggio alla Malva e di cui rimane ancora un portale di accesso.
Il boschetto del Bargo di Poggio a Caiano occupa il versante nord del colle di Bonistallo sul quale si trova l’antica chiesa di Santa Maria posta appena fuori dal muro di recinzione e in cui sono stati ritrovati alcuni resti di Francesco I e della moglie Bianca, sepolti sotto il pavimento. Probabilmente al momento della realizzazione del muro l’area era già boscata, esclusa dal secolare processo di messa a coltura delle pendici del Montalbano, sia per l’orientamento verso Nord, sfavorevole alla coltivazione, sia per la natura poco fertile del suolo causata dalla natura geologica del colle caratterizzata da roccia arenaria quasi affiorante il cui disfacimento produce un terreno povero.
Nonostante la conformazione in declivio, Tribolo, non rinunciò a dare alla strutture una conformazione geometrica, quasi si trattasse di un giardino, con un tracciato di vialetti incentrato su un triangolo isoscele. Sul perimetro murato si aprivano tre porte, delle quali se ne sono conservate due, ornate con portali monumentali di gusto manierista. Gli attuali vialetti tortuosi che hanno cancellato la preesistente strutturazione geometrizzante sono dovuti alle vicissitudini che il Bargo ha dovuto affrontare nel corso del XX secolo e che meriterebbero in altra sede un maggior approfondimento. Nel primo dopoguerra divenne possesso dell’Opera Nazionale Combattenti che sfruttò intensamente il bosco per ricavarne legna, minacciandone la stessa sopravvivenza. Dal 1935 fu affidato all’istituto Agronomico d’Oltremare che utilizzò alcuni terreni interni ed esterni al bosco per sperimentazioni agricole didattiche. Durante la guerra fu utilizzato per l’acquartieramento di reparti tedeschi e poi americani, anche corazzati, con gravissimi danni alla vegetazione.
Attualmente il Bargo, quasi completamente inglobato nella struttura urbana di Poggio a Caiano, è aperto al pubblico e costituisce una sorta di bosco in città, capace di dare una fresca ombra in piena estate. Purtroppo lo stato di manutenzione è pessimo, tanto da minacciare la sopravvivenza stessa delle strutture più antiche. Ampi tratti di muratura del recinto risultano crollati, sbrecciati o minacciati dalla pressione di alberi troppo vicini. Uno dei portali è crollato e scomparso, uno è inagibile e transennato. L’uso da parte dei cittadini è poco regolamentato e le attrezzature presenti sono in cattivo stato. Bisogna intervenire subito per risarcire i tratti di muro crollati e mettere in sicurezza le strutture cinquecentesche programmando poi interventi di restauro ambientale che possano valorizzazione il Bargo come rara testimonianza paesaggistica e monumento storico, oltre che come spazio pubblico insostituibile in un comune di 10.000 abitanti assolutamente privo di spazi verdi oltre a questo che fortunatamente ci hanno lasciato i granduchi e non certo le varie amministrazioni di ogni colore che si sono inutilmente succedute.
Molto interessante ed in gran parte sconosciuto al grosso pubblico; ma di immenso valore sia storico che ambientale, nell’attuale penuria di spazi pubblici, ma mancano i soldi per poi mantenero e non riportarlo nuovamente allo stato attuale. Non è sufficiente trovare i mezzi economici per costruire o restaurare tali opere, occorre determinare e sapere trovare pure i finanziamenti per mantenerli.
Ing. Vittorugo Risaliti
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Una piccola nota, non per inficiare il contenuto dell’ottimo post, ma solo per precisione storica: non è affatto certo che i resti trovati nella antica chiesa di Bonistallo fossero di Francesco de’ Medici e di Bianca Cappello. E’ certo invece che Francesco fu sepolto nella Cappella dei Principi in San Lorenzo, mentre il cadavere di Bianca non è mai stato ritrovato. Così come è ancora leggenda – pur se “rende” mediaticamente e non solo – che fossero stati avvelenati. Vedi a tale proposito: http://www.paleopatologia.it/articoli/aticolo.php?recordID=141 Il prof. Fornaciari tra l’altro anticipo’ la sua tesi proprio in un convegno organizzato presso le ex Scuderie di Poggio a Caiano.
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Ringrazio per la precisazione. In realtà conoscevo l’articolo e sono stato troppo superficiale, visto anche il tono del post.
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Brava Rosalba, lodevole precisazione !
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