Fascisti a 25 anni

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Malaparte nel 1924

Nel 1924 il giovane fascista Malaparte, probabilmente sollecitato dal Duce, chiese di parlare nella fase istruttoria e poi fu testimone nel processo in cui il suo amico squadrista Amerigo Dumini (che si vantava di 11 uccisioni), doveva rispondere dell’omicidio Matteotti.[1]  Mise in atto consapevolmente una vera strategia di disinformazione e depistaggio. [2]  Affermò che Dumini avesse dei documenti che indicavano Matteotti come mandante di un omicidio politico a Parigi.[3]  Testimoniò il falso dicendo di sapere che il rapimento fosse una bravata e che Dumini volesse solo interrogare e spaventare il deputato socialista, ma che purtroppo le cose fossero sfuggite di mano durante la colluttazione in auto quando Matteotti, malato ai polmoni, avrebbe avuto uno sbocco di sangue. La tesi di Malaparte fu accettata nella sentenza che stabilì condanne molto miti: Dumini in effetti uscì di prigione dopo pochi mesi.[4]


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Magni intorno al 1943

Dopo l’armistizio del 1943 il giovane ciclista Fiorenzo Magni, fascista convinto,  aderì alla Repubblica Sociale e fu inquadrato nella Milizia Volontaria, rimanendo in qualche modo coinvolto nelle attività di repressione e deportazione compiute dai militi fascisti nel territorio pratese. Nel 1944 partecipò allo scontro a fuoco di Valibona, dove vi fu un agguato a una brigata partigiana, con molte vittime. Nel dopoguerra fu assolto dalle accuse per insufficienza di prove e si rifugiò a Monza, continuando la carriera di ciclista professionista, contendendo le vittorie a Coppi e Bartali.


Magni (1920-2012) e Malaparte (1898-1957) furono entrambi fascisti a 25 anni, anche se in tempi diversi. Entrambi, a 25 anni, fecero delle “brutte cose”.[5]

Per il primo di essi periodicamente a Prato si alzano polemiche, strumentalizzate dalle varie forze politiche: negli anni scorsi si discusse la mancata intitolazione di una pista ciclabile; oggi si dibatte il veto alla presentazione di una sua biografia nella sede del Museo della Resistenza e della Deportazione di Figline.

L’altro invece è diventato il Padre della Patria, il nume tutelare della città che egli sorveglia dall’alto della sua tomba monumentale, senza che mai nessuno ricordi o discuta quello che Malaparte fece a 25 anni.


NOTE
[1] R. Cantagalli, Storia del fascismo fiorentino,
Malaparte aveva conosciuto Dumini nell’ambiente dello squadrismo fiorentino ed era stato suo padrino in un duello. Dumini si presentava dicendo, alla stretta di mano, “Dumini, undici omicidi”.
[2] M. Serra, Malaparte. Vite e leggende, Venezia, Marsilio, 2012
[3] L’omicidio del segretario del Fascio a Parigi, il moderato Buonservizi, compiuto mentre Dumini e Malaparte frequentavano la capitale francese per conto del partito, non è mai stato chiarito. Attualmente viene ricondotto dagli storici allo scontro interno al fascismo tra moderati filo-liberali e “rivoluzionari” che spingevano per la “Conquista dello Stato“, come si chiamava il periodico fondato da Malaparte.
Dumini nella sua autobiografia dirà che la documentazione che indicava Matteotti come mandante dell’omicidio Buonservizi era una relazione scritta dallo stesso Suckert-Malaparte nella veste di agente dello spionaggio fascista: A. Dumini, Diciassette colpi, 1958
Da notare inoltre che lo stesso Malaparte fu sospettato di avere avuto un ruolo nell’omicidio come scrisse il giornale Le Quotidien che però fu condannato per diffamazione: Pierre Milza, Le fascisme italien à Paris in “Revue d’Histoire Moderne & Contemporaine”, 1983.
[4] S. Caretti, Il delitto Matteotti, 2004
[5] G. B. Guerri ne L’arcitaliano (1980)  di Malaparte scrive anche che ”la sua partecipazione al processo Matteotti è una delle pagine più buie e vergognose della sua vita”.