Una fabbrica di nitroglicerina
A pochi chilometri da Poggio a Caiano, a poche centinaia di metri da Comeana e Signa, un fitto bosco nasconde almeno un centinaio di edifici abbandonati, ognuno diverso dall’altro, resti archeologici sopravvissuti da un epoca non così remota.
Alcuni ruderi somigliano a edifici industriali, altri sembrano appartenere all’architettura militare, ma tutti inquietano per il contrasto con l’ambiente naturale del bosco che sembra volerli inghiottire.
Si tratta della fabbrica di esplosivi “Nobel” localizzata nell’ansa dell’Ombrone poco prima della confluenza nell’Arno.
Al contrario da quanto generalmente si crede buona parte degli edifici di questa città fantasma risalgono all’inizio del secolo, prima della Grande Guerra, durante i governi di Giolitti e non nel primo dopoguerra. Infatti la costruzione della fabbrica fu decisa nel 1910; i terreni furono acquistati nel 1912.
La localizzazione fu il risultato di attente considerazioni. Una fabbrica di esplosivi doveva trovarsi nell’entroterra, in posizione orografica protetta, vicino alla ferrovia, lontano da grandi città, con a disposizione molta acqua per gli impianti e per la sicurezza antincendio. L’area tra Comeana e Signa presentava tutte queste caratteristiche; inoltre risultava circondata dai fiumi su buona parte del perimetro, favorendo la difesa dalle intrusioni.
I lavori per la realizzazione furono imponenti. Fu spostata la strada tra Comeana e Signa, allora in terra battuta, che transitava proprio all’interno dell’area prescelta. Fu demolito il ponte di Riboccatura e fu di conseguenza costruito un nuovo ponte.
Inoltre venne impiantato il bosco in porzioni della collina che che invece erano coltivate a vigneto per occultare anche dall’alto la presenza della fabbrica, visto che all’epoca l’apparato militare italiano era sicuramente quello che teorizzava con maggior chiarezza la futura guerra aerea.
Per la vicinanza con Comeana e con la stazione ferroviaria di Carmignano, la fabbrica prese il nome di impianto di Carmignano anche se si trovava nel territorio di Signa.
I lavori furono celermente compiuti e la fabbrica entrò in funzione negli anni appena precedenti alla Prima Guerra Mondiale, fornendo principalmente esplosivi per le munizioni di artiglieria (balistite).
Il primo nucleo di padiglioni fu progettato dall’ing. Anderson della SIPI Nobel che aveva costruito anche l’analogo impianto di Avigliana in Piemonte. Risulta documentata anche la presenza come progettista di uno dei pionieri del cemento armato in italia, l’ing. Attilio Muggia, maestro di Nervi.
Furono costruiti padiglioni produttivi, ma anche palazzine per alloggi e uffici, spesso di ottima qualità dal punto di vista architettonico
Dopo la Grande Guerra la fabbrica perse d’interesse per la proprietà e fu venduta nel 1925 alla Montecatini che dieci anni più tardi acquisì anche la Società Generale Esplosivi e Munizioni con la nascita della ditta Nobel-SGEM. La Montecatini in periodo di pace utilizzò lo stabilimento anche per sperimentazioni agricole (in un’area scoperta dal bosco in riva all’Ombrone ed anche in serra) e produzioni chimiche sperimentali.
Negli anni precedenti la seconda guerra mondiale la fabbrica ebbe nuovamente un ruolo importante per la produzione militare e riprese la produzione di esplosivi (sempre a base di nitroglicerina).
Furono costruiti molti nuovi edifici, costruiti bunker e scavate gallerie per custodire gli esplosivi. Il trasporto del materiale avveniva con piccoli vagoni che correvano tra i vari padiglioni e poi a valle fino alla stazione ferroviaria, su rotaie che nell’ultimo tratto erano collocate su tralicci di cemento armato, anch’essi aggrediti dalla vegetazione, come tante altre strutture edilizie.
In quel periodo la fabbrica dava lavoro a tantissimi operai e impiagati che in bicicletta ogni mattina giungevano dai paesi vicini: Signa Comeana, ma anche Poggio a Caiano dove alloggiava anche il direttore dell’impianto.
Nel 1944 l’impianto fu occupato dai tedeschi e così una formazione partigiana della zona decise un clamoroso sabotaggio compiuto l’11 giugno quando per l’esplosione di 8 convogli pieni di esplosivo fermi su un binario morto alla stazione di Carmignano tutto l’impianto rimase danneggiato e fuori uso. Nella tremenda esplosione persero la vita quattro partigiani capeggiati da Borgardo Buricchi.
Dopo la guerra la fabbrica fu presto abbandonata nonostante un tentativo di convertirla alla produzione di fitosanitari e pesticidi. Negli anni ’60 si procedette alla bonifica. Da allora tantissimi progetti per il riutilizzo dell’area sono rimasti sulla carta, dall’idea, maturata negli anni ’70 di trasferirci l’Università di Firenze a quella molto recente di farci degli studios cinematografici
Invece tutto si è conservato com’era e gli edifici sono in condizioni migliori di quanto ci si aspetterebbe, visto che solo alcune coperture a travi di legno risultano crollate, mentre le murature sono in gran parte integre a causa della grandissima cura costruttiva.
Le foto dell’articolo sono state scattate nell’inverno del 2005
Che luogo affascinante!! Sono rapito dalle foto e dal racconto! L’archeologia industriale vinta dalla natura è uno scenario che mi stordisce. Ho visitato l’antica fabbrica di Roveta, dove si produceva una famosa acqua minerale sponsor della nazionale di calcio, ormai avvolta dalle piante, sulle colline sopra Lastra a Signa. Questo posto andrebbe reso almeno visitabile, magari rendendone fruibile l’esterno intanto
"Mi piace"Piace a 1 persona
è già fruibile massimiliano, ci fanno delle gare di sotfwar con armi finte…e non ci sono particolari recinzioni…
"Mi piace""Mi piace"
Pingback: Ponte di Riboccatura | Prato (e provincia)