Compriamo le Cascine di Tavola

Finché il Dio Denaro non ha sorvolato le Cascine di Tavola, la vasta tenuta aveva attraversato, relativamente indenne, oltre cinque secoli di storia, nonostante qualche riduzione di superficie e periodi di incuria e abbandono. Certo nel XX secolo i protofascisti dell’ONC avevano tagliato metà del bosco delle Pavoniere, i tedeschi vi si erano accampati con mezzi pesanti, gli alleati avevano bombardato, ma nella seconda metà del ‘900 l’area aveva riacquistato la tranquillità di una tenuta agricola che però aveva lasciato in abbandono le masse arboree e i manufatti minori. Era il momento giusto per un intervento pubblico che comprendesse l’acquisizione degli edifici principali e del parco, vincolando all’uso agricolo il resto.
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Invece arrivò il Dio Denaro con torme di architetti animate dall’unico desiderio di valorizzare questo tesoro. Finti paesaggisti si affrettarono a dire che un idilliaco campo di golf grande come un macrolotto era perfettamente compatibile con la bellezza paesaggistica della tenuta in cui campi coltivati si accompagnavano a masse lineari di alberi in una geometria antica che sarebbe stata presto obliterata dalle ruspe. Patinate pubblicazioni studiarono la complessa storia delle Cascine di Lorenzo il Magnifico, concludendo con l’auspicio che esse venissero valorizzate. Nel frattempo la Soprintendenza ai beni architettonici tergiversava sull’imposizione di un vincolo che doveva già esserci da molti decenni, occupandosi di ben altro.

Fu dunque realizzato un enorme campo di golf, più grande dell’intero abitato di Tavola, costruendo collinette e tortuosi laghetti al posto dei campi e dei filari di alberi e distruggendo un secolare paesaggio e una nobile architettura neoclassica ivi presente.

Poco dopo fu realizzato un maneggio in un’area a Sud, altrettanto enorme e con pregevoli capannoni, e anch’esso ben inserito nel paesaggio, come si potrà vedere da una qualsiasi foto aerea.

Il Comune entrò nell’affare, facendosi comprare con una fettina ben sottile del bottino.

Infine vennero affrontati gli edifici del nucleo centrale, compreso il grande edificio a corte  realizzato nel XV secolo, monumento di gran valore storico e architettonico.

Il Dio Denaro voleva realizzarci un centinaio tra monolocali e appartamenti oltre che un ristorante e un centro benessere.

L’Istituzione severamente disse si, purché non si snaturasse l’architettura del monumento, come se fosse stato possibile.

Di fatto i lavori iniziarono con la sostanziale demolizione di ampie parti dell’edificio, finché, grazie al provvidenziale intervento di Legambiente e Italia Nostra, la Magistratura ha fermato i lavori.

Ora la struttura priva di copertura e gli edifici vicini versano in pessime condizioni. Un ulteriore trascorrere di tempo renderà impossibile anche un parziale recupero dei valori architettonici originari.
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Occorre acquisire nuovamente ai beni comuni questo monumento. Occorre, in tempi difficili, far presto e trovare qualche milione di euro per fare un’offerta che non si può rifiutare. Occorre mettere insieme Ministero, Regione, Comune, Provincia e non solo. Saprebbe fare questo il fallimentare Cenni? Non credo. Speriamo nella vanità del “Governatore” Rossi.
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